domenica 29 novembre 2009

LA SCUOLA E LE TRE "P"




L''illustrazione è tratta dal sito http://silver-phoenix17.deviantart.com/ e rappresenta il Castello di Hogwarts: un luogo dove gli studenti desiderano andare, sono anzi pronti a combattere per andarci; un luogo dove imparare è bello; dove la cultura è mistero da scoprire e il mistero è cultura da assimilare.

Va bene, sono una fan di Harry Potter, a ciascuno i suoi vizi no?
E poi non dimentichiamo che J.K. Rowling, prima, faceva l'insegnante; qualcosa ne saprà, e scommetto che anche se passava gran parte del suo tempo a sognare le avventure del maghetto, era un'ottima insegnante; anzi, forse lo era proprio per quello lol.

Ma dove voglio arrivare? Queste riflessioni me le ha suggerite un post di Alberto Cane ( dove si parla di cultura e dell' "analfabetismo di ritorno" dei giovani.

Secondo me, quello che manca oggi è soprattutto il concetto di gratuità della cultura; perché quando una cosa è fatta gratuitamente, cioè senza uno scopo pratico immediato, appassiona di più.

Ai miei tempi c'era la moda del "perito chimico": quanti intellettuali mancati, costretti dalle famiglie benintenzionate (a volte avide) a prendere quel maledetto diplomino! poi Genova fu "denuclearizzata", i diplomi da perito gettati nel cestino della carta straccia, e crebbe una generazione di impiegati frustrati e acidissimi (so che ne conoscerete anche voi, Gentle Bloggers 'n Readers). Anche la laurea in legge fece parecchie vittime tra potenziali letterati, sognatori, maestri (ed anche tra chi si sentiva tutt'e tre le cose insieme lol).

Del resto si sa che le grandi aziende cercano spesso, per gli impieghi più importanti, i laureati in filosofia...che cosa di più apparentemente inutile ai fini pratici? però i dirigenti sanno che il laureato in "filo" avrà una forma mentis, un'elasticità mentale, una disponibilità ad aggiornarsi e ad assimilare i contenuti nuovi che mano a mano si rendessero necessari, insostituibili.

Per un certo periodo insegnai in una scuola di Grenoble, in Francia; decisi, con entusiasmo, di frequentarne l'Università; seguivo i corsi con interesse ed impegno, solo non intendevo sostenere esami, anche perché stavo già preparando la mia tesi di laurea per l'università italiana.
Quando lo spiegai ad un professore questi si indignò: "ah lei è qui come una sorta di turista!" esclamò offeso.

Turista della cultura, perché no? io volevo imparare ciò che insegnava, certe sue lezioni su Balzac me le ricordo ancora; chissà se tutti i suoi studenti di allora, esami o no, possono dire altrettanto.

Il bello dell'imparare è proprio il farlo per passione, non sempre per una "ricompensa".

A scuola svolgo con cura la valutazione perché fa parte dei miei compiti; ma prediligo quei corsi extra-scolastici, dove non valuto i miei alunni, conversiamo soltanto in lingua, e ... sapete che c'è? imparano il triplo lol.

Allora ecco le tre "p" della scuola: Passione per l'apprendimento, Prove ed errori (gli errori ci vogliono), Percorso personale (perché apprendere è come un viaggio, e ognuno arriva con i suoi mezzi); sì mi rendo conto che come slogan non va molto bene; è proprio questo il punto, la cultura non ci sta a farsi rinchiudere in uno slogan (punto con la "p", ah ahl!). E aggiungerei: Perdita (apparente) di tempo.

Perché lo studio vuole spazio, vuole momenti vuoti, momenti di ozio anche, dai quali nasce poi l'idea, la voglia di studiare, magari un necessario senso di colpa.

In fin dei conti, è proprio per questo che mi piace il blog: non ha un fine pratico; è bello (dico per me curarlo; spero anche leggerlo lol) e basta.

sabato 28 novembre 2009

LA SCUOLA E NOI



Lo scanner non funziona , ma la vignetta mi piace così tanto che ho deciso di fotografarla, per condividerla comunque con voi. E' di F. Gulmanelli.

Che ne pensate Gentle readers 'n Bloggers?

Scusate la pochezza dei miei mezzi di oggi lol.

sabato 21 novembre 2009

GLI INTRADUCIBILI: SAMAR



L'intraducibile di oggi lo è davvero, nel senso che è una parola da una cultura e da una lingua per noi (per me) molto lontane: l'arabo. Ho trovato questa espressione nel bellissimo libro L'harem e l'Occidente di Fatema Mernissi, edito da Giunti (la mia edizione è del 2000) . Samar, ci spiega l'autrice, è "il gioco del linguaggio nel cuore della notte"; è (anche) una sorta di seduzione atraverso la cultura e le parole: Fatema M. ne parla, in particolare, con riferimento alla mitica Shahrazad, molto lontana dal prototipo di donna "dell'harem" tramandato da noi occidentali: lei seduce, infatti, soltanto con le sue parole, con i suoi racconti, insomma...con la testa. Ma questo sarà un altro post lol.

Torniamo a samar, che ha un significato più esteso. Lo lascio spiegare all'autrice del libro:


"Samar è una delle molte parole arabe cariche di sensualità: significa semplicemente parlare nella notte. Parlare dolcemente nella notte può aprire la via a sensazioni incredibili per entrambi i partners. Il samar raggiunge la perfezione nelle notti di luna: 'l'ombra della luna' (dhill-al-qamar) è un altro significato di samar. Nell'ombra della luna, gli amanti si dissolvono nella loro origine cosmica e diventano parte dello splendore celeste. Nell'ombra della luna, il dialogo tra uomo e donna, difficile come può sembrare in pieno giorno, diventa possibile. La fiducia tra i sessi ha più di una chance di fiorire quando l'ordine diurno, teso al conflitto, si attenua. Questa è la speranza che i seguaci del samar sembrano coltivare".

FATEMA MERNISSI


Due parole sull'immagine che ho scelto. Le solite "Arabian Nights", oltre ad essere banali e stra-viste, facevano smaccatamente riferimento al sesso, come se fosse quello l'unico "dialogo nella notte" possibile tra uomo e donna.

La figura rappresenta il samar come me lo immagino io, dopo aver letto l'avvincente spiegazione di Fatema M.:

Uomo e donna fanno un viaggio insieme. Per strada litigano quasi sempre; battibeccano per futili motivi, oppure sono arrivati quasi ad odiarsi, per gravi motivi. Poi scende la notte; si fermano. Uno dice qualcosa all'altro (su un libro letto? sul paesaggio? su una frase bella che ha sentito pronunciare?); l'altro gli risponde. Si guardano. Improvvisamente, si capiscono.

domenica 15 novembre 2009

LA SCUOLA IN POLONIA E L'AMORE PER LA LETTURA





Voltaire, quando non voleva nominare direttamente la Francia, parlava della Polonia. Anche un direttore che conosco, quando vuole muovere una critica alle scuole "rivali", adotta questo espediente, che trovo elegante e simpatico.

Ecco allora oggi, Gentle Readers 'n Bloggers, vi dirò che laggiù, in Polonia appunto, per inculcare ai giovani l'amore per la lettura...voi mi chiederete, cosa si fa? forse l'insegnante carismatico legge ad alta voce dei brani dai suoi libri preferiti? forse li racconta agli studenti, cercando di trasmettere loro la passione con cui lui/lei li ha letti, mettendoci del suo, raccontando, emozionandosi per far capire che leggere può essere "uno sballo"? Oppure chiede loro di portare in classe un libro che hanno amato?

No, no, no, naive readers!!!

Laggiù, dico in Polonia, si danno i libri da leggere agli studenti entro una settimana, e poi se ne chiede la famigerata "relazione"...naturalmente si tratta di libri politicamente corretti, ad es, sull'uguaglianza tra bianchi e neri (con stupore dei ragazzini che, avendo amici di tutti i colori, la davano per scontata), oppure libri di sessant'anni fa (ma già noiosi allora)...o ancora - il cielo ce ne scampi - libri scritti "per ragazzi", orrore!, scritti a tavolino dico, dove l'autore fa compiaciuto sfoggio della sua cultura e del suo, del tutto immaginario, saper rivolgersi a loro...

Un collega che non c'è più, un grande insegnante, amava ripetere: "I verbi leggere e amare non vogliono l'imperativo". E'una citazione da Comme un roman di Daniel Pennac, ma lui amava farla passare per sua; c'ero caduta anch'io, è stata un'amica un po' invidiosa a rendermi edotta di questo piccolo "plagio" verbale. Ora mi piace ricordarlo anche con questa sua innocente vanità intellettuale, perché mi sembra così di farlo rivivere; e perché lui, quel detto, lo aveva fatto profondamente suo.

Nel senso che rispettava i ragazzi; proponeva, e non imponeva, titoli di libri; magari leggendo in classe qualche brano, narrandone l'inizio in modo da invogliare a conoscere il seguito...

Perchè leggere non dev'essere una tortura, ma un divertimento. E da giovani, si impara ad amare la lettura (come pure le altre cose), solo se se ne trae piacere ed intrattenimento.

Anche il vizio della lettura, come gli altri vizi, una volta preso non si perde facilmente. E' che è più difficile da trasmettere. Ne vale la pena però.

Gentle Readers 'n Bloggers! Mi accorgo che alla fine del post ho pontificato lol... Se non siete d'accordo, ditelo! apriamo pure un dibattito su come la scuola affronta la lettura; naturalmente in Polonia lol.

sabato 14 novembre 2009

EMOZIONI VERE A TEATRO

All'ultimo minuto, sono riuscita a vedere lo spettacolo "2984" al teatro dela Tosse, a Genova, con Marina Remi nella parte di Giulia.

Amo Orwell che volli anche ad introduzione di questo mio blog, ed ero un po' prevenuta nei confronti della rappresentazione teatrale di un libro così intenso e linguisticamente complesso (trovai infatti, a suo tempo, piuttosto brutto il film). In effetti ci andavo soprattutto per vedere recitare Marina Remi, che seguo da anni e considero un po' un'amica, anche se non la conosco (ancora lol) personalmente.
Ma fin dall'inizio, sono stata avvolta da un'atmosfera autenticamente orwelliana ed ho provato emozioni vere: l'ansia della separazione "forzata" dal mio compagno (gli uomini da una parte, le donne dall'altra ripeteva meccanicamente una voce femminile dal monitor); l'indignazione interiore per i "due minuti d'odio" contro Goldstein (l'unico che cerca di mettere sull'avviso contro Big Brother); un certo senso di umiliazione nel dover indossare la tuta sopra i vestiti, l'affascinato orrore nel contemplare gli schermi che ripetevano sempre la stessa cosa...Lo spirito del libro è stato colto a meraviglia; le citazioni sono quelle giuste; il "FIL" (indice di felicità che, secondo la T.V. di Big Brother, sarebbe in costante aumento) un adattamento geniale. E quando sullo schermo compariva la scritta: "ALZATEVI!" ci alzavamo davvero tutti (quasi tutti), dapprima forse per "stare al gioco" del teatro interattivo, ma poi...storditi dalle ripetizioni ossessive del teleschermo...per un inquietante riflesso. Marina Remi una Giulia vera, sensuale "ma" elegante, lieve ma decisa, ironica ma appassionata.

Sia il romanzo, che questa sua geniale trasposizione, mi hanno sempre lasciata con una sensazione curiosa: è amaro, sì. Finisce male, certo: i due amanti si tradiscono e finiscono per negare il loro amore. Finisce, anzi, malissimo: nell'ultima frase del libro, Winston dichiara di amare ormai davvero il Grande Fratello. Eppure...sarò idealista e sentimentale. Quello che mi resta nel cuore, dopo aver letto e visto, è la storia d'amore tra Giulia e Winston; è la ribellione interiore di Winston, la libertà del suo intelletto. Penso che Orwell avesse scritto quel finale, ma non lo amasse.

Quanto a quelli, esseri umani come noi, che hanno pensato bene di prendere il nome "Big Brother" per farne il titolo di un ignobile format...ecco, di solito non sono violenta, ma un saltino nella stanza 101 (dove la tortura consiste in ciò che è peggio per ciascuno di noi) forse glielo farei fare. Perché loro sono tra quelli che, un giorno, potrebbero fare avverare le profezie paurose di Orwell. A cominciare dal digitale terrestre obbligatorio per tutti lol.

Ovazioni, riconoscenza e amore, invece, per il Teatro della Tosse e i suoi attori: con il loro lavoro e la loro arte allontanano quel giorno.

sabato 7 novembre 2009

GLI INTRADUCIBILI (?) E UN FILM







(Above: Colin Firth in three of his utmost facial expressions).



L'espressione "intraducibile" che voglio proporvi è tongue in cheek, cioè letteralmente, "lingua appoggiata all'interno della guancia". Provate a farlo e guardatevi allo specchio: avrete assunto un'espressione un po' cinica, di chi fa le cose " a tavolino", ma non ci crede troppo. Ad esempio, si può scrivere un romanzo "tongue in cheek": anche se, mi dicono, i veri best-seller sono scritti credendoci.

Il film, come avrete intuito lol, è Genova di Michael Winterbottom. Acclamato in Inghilterra, lo attendevo qui con impazienza. E' stata una delusione, non tanto per le immagini stereotipate di Genova (che mi aspettavo), quanto per i cliché anche nei personaggi: la studentessa italiana (anzi, meridionale) procace e intraprendente, il fidanzato italiano inaffidabile, gli operai italiani che corteggiano e quasi insidiano le ragazze...negli anni cinquanta forse, ora lo sanno tutti che sono troppo depressi...Conoscendo un po' la mentalità e i preconcetti di certo mondo anglosassone sulle madri italiane, ci metterei anche l'affascinante ed ambigua figura della mamma-fantasma (italiana anche lei): così possessiva nel suo amore per la figlia piccola, che quasi quasi è tentata di portarsela nell'aldilà.

Colin Firth più inespressivo del previsto, nella parte del vedovo triste, del padre amorevole e ansioso, dell'uomo corteggiato e incuriosito, del professore appassionato dal suo lavoro, dell'amico: sempre uguale lol.
Mi è piaciuta di più Willa Holland nella parte della figlia grande, che reagisce al dolore cercando di stordirsi; ma anche di ritrovare la sua parte bambina, nel ripetere quel gesto di coprirsi gli occhi con le mani, seduta dietro in moto, per indovinare le auto che passano.
Finale brusco, sconcertante, con le bambine che iniziano la scuola in Italia: forse ad indicare un ritorno alla normalità, ma non mi è sembrato affatto chiaro.

Tornando a tongue in cheek, la mia impressione è che il film sia stato fatto così: magari era da tempo che Winterbottom voleva girare un film su Genova, ma lo ha realizzato più per mostrarne gli aspetti secondo lui significativi (quindi con la testa), che con il cuore.

Però mentre ne scrivo...sapete che vi dico gentle readers...il film non è poi così brutto, e alla fine si fa ricordare.

Se non siete di Genova e volete venirci sappiate che la cosa più vera del film, comunque, è il traffico infernale e diabolico di Piazza Cavour.

mercoledì 4 novembre 2009

NON CERCATE DI PRENDERE I POETI...*






Poetessa: questa parola non mi piace. Trovo che "poeta", come "ministro" e "avvocato" (anzi, a maggior ragione) dovrebbe essere un titolo onorifico, indipendentemente dal sesso della persona.

Il libro mostrato, da cui è tratta anche la citazione del titolo, è "Aforismi e magie", di Alda Merini, edito da BUR; l'illustrazione è di Alberto Casiraghi, che fece questo libro volutamente "leggero" insieme a lei. Leggendolo si capisce come devono essersi divertiti; con il sorriso vero di chi ha sofferto, e conosce il potere dell'ironia per lenire le sofferenze umane.

La citazione del titolo continua:
*...perché vi scapperanno tra le dita. (ALDA MERINI)

Vale per tutti, anche per Sorella Morte, che in fondo non è riuscita a prenderla del tutto. Chi non ci crede, legga le sue poesie.